San Gemolo
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Goffredo da Bussero - Liber Notitiae Sanctorum Mediolani

Si tratta di un codice pergameno conservato nella biblioteca del capitolo metropolitano. Risulta essere scritto da autori diversi e la datazione più probabile (del Ratti - 1901) lo colloca nel XIII secolo. Il testo sotto riportato si trova al foglio 184 (di 215). La trascrizione proposta è tratta dall'edizione di M.Magistretti-U.Monneret - Milano - 1917 - pp 161-162.

Immagini

Croce in ferro battuto che sovrasta il portale di ingresso alla Badia.

 

Stemma Badia

Lo stemma della Badia di San Gemolo dove si riconoscono la volpe e il gallo protagnisti del miracolo che spinse Atto, Ingizio e Arderico a fondare il primo monastero ospitale. La croce in campo azzurro è la tipica croce benedettina, mentre le chiavi in campo rosso (il sangue del martire) ricordano il simbolo cluniacense

 

Navata centrale

La navata centrale della Badia di Ganna. Sotto l'altare maggiore riposano le reliquie di San Gemolo riportate a Ganna nel 1941.

Cum quidam episcopus ultramontanus iret romam. et hospitaretur in ualle mercurioli in pratis plebis arcizate. Metuens latrones. praecepit custodiam nepoti suo habere.

 

Tunc nocte tres latrones loci de uboldo rapuerunt palafrenum episcopi et habierunt. Tunc nepos episcopi gemulus cum eius socio subsecutus est super equum. et inuenit ubi nunc est fons sancti gemuli. et deprecatus est eos per deum reddere rapta.

 

Tunc ille qui dicebantur rubeus dixit. uelles tu pro christo decolari. Beatus gemulus. ait se uelle libenter occidi pro nomine ihesu christi. Tunc decolauit eum. et sotii rubei ad necem uulnerauerunt socium beati gemuli. cuius corpus iacet ad sanctum michalem apud uarisium.

Celsa ceruice gladio. sanctum caput eius brachia exceperunt. Et sanctum corpus in equo tamquam uiuum se sustinens uenit ad episcopum suum.

 

Et transiens riuum uersum iusta montem donegum. ibi non ab aliquo. nisi ab episcopo uoluit ab equo tolli. Et ibi sepultus.

Episcopus rogauit pastores ut custodiam haberent. et si aliqua miraculorum uiderent. in reditu aperirent proxima nocte duo cerei exarserunt super tumulum eius. et superfluit ex illis ad mensuram palmi. Qui postea dederunt episcopo. cera candida erat.

 

Et undique ad eius tumulum uenientes infirmi. sani rediebant. Tunc episcopus uidens tot miracula. uoluit ei facere ecclesiam. et recessit.

Sed cum aliis negotiis implicatus differet. factus infirmus est. Cui apparuit sanctus geminus. arguens de dilatione ecclesie hedificande. Tunc sanatus missit denarios et facta est ecclexia.

 

Eo tempore illis partibus dominabantur duo fratres rapaces ugo et bebengerius tenentes. quia oderant ottonem imperatorem et archiepiscopum eribertum mediolani. Tunc licentia imperatoris. archiepiscopus expulit eos. et terram sibi aquisiuit.

Tunc due conuerse ibi morabantur. quibus uulpis rapuerat gallum. Et cum tunc plueret. Ibi uenerunt tres fratres milites de canzelariis. uenantes propter pluuiam. Et uidentes gallum mirati. statuerant ibi hospitale monasterii.

 

Et accepta licentia archiepiscopi. cui dant anuatim duos cereos in natiuitate domini. ecclesiam magnificauerunt.

 

Et postea tempore pape alexandri et federici imperatoris ubertus archiepiscopus ecclesiam consacrauit. Hic obiit apud beneuentum.

Item cum tres milites lafrancus de uigue. strimidus et iohannes de nouezano capere uelle rusticum in ecclesia fugientem. et neque per deum neque per monachos dimitentes. facti sunt ceci. Sed penitentes a priore ieronimo ante ecclesiam diu uerberati sunt. et sanati sunt.

 

Item quidam energuminus de uarixio ueniens ad festum sancti gemuli est sanatus. Item tres femine de louentina. saporita. sauxina et rubea ad cale sanantur.

Item tempore archiepiscopi philippi. et guidonis de castiliono prioris sancti gemuli. uicini de induno fecerunt XII iurare et terminare terras sancti gemuli. a suis terris. Sed decem eorum malitiose dixerunt partem uinee sancti gemuli esse illorum. et fecerunt uitis scidere. Sed tamen ipso anno creurerunt facientes fructum. et ipsiin opibus et corporibus destructi sunt. et duo aliorum non sunt dampnati. Ragenta dno rno.

Mentre si recava a Roma e si accampava nei prati della Val Marchirolo, nel territorio di Arcisate, un Vescovo d'oltralpe, temendo i ladri, diede ordine a suo nipote di rimanere di guardia.

Qund’ecco che, durante la notte, tre ladri, originari di Uboldo, rubarono il cavallo del Vescovo e scapparono. Allora Gemolo, il nipote del Vescovo, insieme ad un suo compagno li inseguì a cavallo e li trovò dove adesso si trova la sorgente di San Gemolo e li pregò, in nome di Dio, di restituire quanto avevano rubato.

Quello dei banditi che era chiamato Il Rosso disse: “Vuoi forse tu essere decapitato in nome di Cristo?” Il beato Gemolo rispose che volentieri si sarebbe fatto uccidere per il nome di Gesù Cristo. Allora il Rosso lo decapitò mentre i suoi compari ferirono a morte il compagno del beato Gemolo il cui corpo ora giace nella chiesa di San Michele vicino a Varese.

Dopo che con la spada gli fu spiccata la testa il santo corpo raccolse con le braccia il santo capo e cavalcando come un vivo ritornò dal Vescovo.

Attraversando il fiume nelle vicinanze del monte Donego (Mondonico) raggiunse il Vescovo e lì volle che lui, e nessun altro lo smontassero da cavallo. Fu sepolto lì.

Il Vescovo pregò alcuni pastori di custodire la tomba e di tornare a riferirgli se avessero visto qualche miracolo. Nella notte successiva due ceri bruciarono sopra la tomba ma al mattino, di ciascuno di essi, ne avanzava più di un palmo. Allora i pastori li riportarono al Vescovo e questi vide che la cera era intatta.

Da qualunque parte venissero malati a quella tomba se ne tornavano guariti. Allora il Vescovo vedendo tutti questi miracoli volle fare costruire una chiesa ma poi prese tempo.

Mentre era impegnato in altri affari si ammalò e gli apparve San Gemolo che lo rimproverava per aver rimandato la costruzione della chiesa. Come il Vescovo fu guarito mise a disposizione i denari necessari e la chiesa fu costruita.

In quel tempo erano signori di quelle zone due fratelli crudeli: Ugo e Berengario, che odiavano sia l’Imperatore Ottone che l’Arcivescovo di Milano Eriberto. Allora, con l’accordo dell’Imperatore, l’Arcivescovo li cacciò e si annesse la terra.

Nelle vicinanze della chiesa vivevano due neo convertite alle quali una volpe aveva rapito il gallo. In una giornata di pioggia capitarono lì tre fratelli soldati della famiglia dei Cancellari che, cacciando sotto la pioggia, ritrovarono il gallo illeso. Considerandolo un miracolo decisero di costruire un ospedale monastero.

Dopo aver avuto il permesso dell’Arcivescovo al quale andavano donati due ceri nel giorno di Natale ingrandirono la chiesa.

Successivamente al tempo del papa Alessandro e dell’Imperatore Federico, l’Arcivescovo Uberto, quello che morì a Benevento, consacrò la chiesa.

Avvenne anche che tre soldati, Lanfranco di Viggiù, Strimido e Giovanni da Novazzano, volessero rapire un contadino che cercava di rifugiarsi nella chiesa e che non desistessero dal proposito nè a causa di Dio nè a causa dei monaci. Divennero immediatamente ciechi ma ritornati come penitenti furono bastonati dal Priore Gerolamo durante il giorno davanti alla chiesa e furono guariti.

Un energumeno di Varese che era venuto per la festa di San Gemolo fu guarito. Anche tre donne della Val Leventina, Saporita, Sauxina e Rubea furono guarite dalle febbri.

Quando era Arcivescovo Filippo e Priore Guidone da Castiglione gli abitanti di Induno fecero registrare le terre di San Gemolo e posero dei confini tra queste e le proprie terre ma ingannarono dicendo che un decimo delle vigne di San Gemolo apparteneva a loro stessi e quindi le fecero tagliare. Nonostante questo le vigne ricrebbero e fecero frutti mentre invece quelli di Induno furono distrutti nelle loro opere e nei loro corpi e solo due di loro furono risparmiati.

Traduzione a cura di Franco Molon